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EAV OR.S.A.Trasporti : "Il sindacato tiene a precisare; le regole erano note da anni e nulla è stato, colpevolmente, fatto fino ad ora "

(04/12/2019)

Ieri, un comunicato che doveva essere rivolto ai soli lavoratori dell’EAV da parte del presidente del cda, nonché direttore generale, il dott. De Gregorio, è diventato di dominio pubblico perché qualcuno lo ha inviato anche alla stampa e pertanto ci corre l’obbligo di replicare, non perché in esso siano contenuti chissà quali notizie o “segreti”, ma solo per “onor di cronaca” e per precisare qualche passaggio che potrebbe essere male interpretato.

È pur vero che se dal primo luglio le procedure dell’ Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF) rallentano, se non bloccano l’EAV in molte pratiche, è altrettanto vero che queste “nuove regole” erano note da anni e nulla è stato, colpevolmente, fatto fino ad ora per adeguare gli standard di sicurezza aziendali alla nuova normativa, ed ora succede che per cercare di rimediare a questa situazione si “carica” il personale di nuove responsabilità, sollevando azienda, proprietà (la Regione Campania) e dirigenti di tutte le colpevoli “distrazioni” del recente passato, non specificando neanche quando finalmente ci si adeguerà completamente alle norme di sicurezza richieste dall’ANSF. Eppure sulle linee ferroviarie della Circumvesuviana esiste ed è applicata una tecnologia (ATP), che opportunamente implementata potrebbe essere usata anche per controllare la velocità nei punti più pericolosi, durante l’attraversamento dei passaggi a livello e potrebbe sicuramente essere di validissimo supporto alla sicurezza, imponendo “elettronicamente” al macchinista di limitare la velocità del convoglio tratta per tratta.

È pur vero che il “costo del personale unitario” è cresciuto ma bisogna distinguere le situazioni e soprattutto i motivi. Per i lavoratori “direttamente” legati all’esercizio ferroviario, gli operai delle officine, i capitreno, i macchinisti, gli agenti nelle stazioni, quelli sui passaggi a livello, i deviatori, gli incrementi salariali sono stati definiti tramite accordo sindacale e solo in cambio di aumenti di produttività, riduzione del personale, maggiore flessibilità di impiego (e con una promiscuità di mansioni), maggiore impegno lavorativo... per cui c’è stata una cospicua riduzione della spesa complessiva per il personale da parte dell’azienda. Per i lavoratori “non direttamente” legati all’esercizio ferroviario, invece gli incrementi salariali non hanno seguito nessun criterio di risparmio e/o di ottimizzazione della spesa... se poi a ciò aggiungiamo un notevole aumento del numero dei funzionari aziendali (ritenuti in esubero soltanto qualche anno fa dal commissario governativo Voci), un numero che supera di gran lunga quelli che sono andati in pensione, per altro profumatamente “incentivati”... vediamo che forse i conti non tornano completamente, e peggiorano ulteriormente se sommiamo a ciò il peso economico delle scelte sbagliate di qualche dirigente che ci porta a non avere treni sufficienti per un servizio di trasporto “non troppo” scarso.






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